Goccia S. Antimo: le conclusioni della Scuola di Pace 2025
PRIMO INCONTRO “ Scuola di pace”
Le relazioni sociali, base dell’esistenza umana
1-Per relazioni sociali o interpersonali si intendono i legami di interdipendenza o il rapporto che intercorre tra due o più persone. Sappiamo bene che le persone possono essere legate da relazioni paritarie o gerarchiche, di amicizia, di affetto e di parentela, di lavoro, di affari o di professione, di vicinanza e somiglianza, di cooperazione o di rivalità. Oppure da relazioni reali o virtuali, forti o deboli, benefiche o tossiche.
Già Aristotele nella sua “Politica” definiva l’uomo come “zoon politicon” (animale politico), in quanto portato per natura ad unirsi ai propri simili per formare delle comunità. Aristotele affermava anche che l’uomo è provvisto naturalmente di “logos” (ragione), il che si accorda bene con la sua innata socialità, perché è mediante i logoi che gli individui possono trovare tra loro un terreno di confronto. L’uomo è infatti capace di intessere relazioni che vanno al di là dell’ambito familiare, costituendo gruppi eterogenei di persone sempre più ampi. Si può dire senza dubbio che grazie a questa sua capacità, l’uomo stesso è riuscito a creare i primi villaggi, le prime città, le prime civiltà della storia, istituendo le leggi della convivenza civile e l’organizzazione intera della società.
2-È scientificamente provato dalla neurosociologia che in base al modo in cui ci rapportiamo con gli altri, i nostri neuroni si modificano biologicamente e le strutture cerebrali si trasformano fisicamente. Di conseguenza, le relazioni sociali producono un loro effetto sulla qualità della nostra vita, in quanto determinano il benessere psicologico degli individui. Da esse dipende quindi anche l’equilibrio emotivo di una società.
Si sa che le prime relazioni sociali nascono nella famiglia. Il rapporto genitori-figli è un tassello fondamentale per la crescita e lo sviluppo di un individuo. È nella famiglia che avviene quasi tutto il processo di crescita e maturazione del bambino: il senso del Sé e della propria identità si forma nei primi tre 3 anni di vita e si stabilizza dopo i 24 anni di età.
Molto importante è la qualità della relazione che intercorre tra qualunque individuo che compone l’ambiente domestico-familiare. Le esperienze conflittuali all’interno della famiglia sono perciò determinanti per il risultato psicologico di un individuo. Un evento che può avere particolari effetti sullo sviluppo di un bambino o di un ragazzo è la separazione o il divorzio dei genitori. In tal caso i genitori devono reggere con efficacia il proprio mondo interiore e quello dei figli, poiché il loro comportamento influenzerà l’intero sistema parentale. Il più delle volte questo appare molto difficile per i separati e i divorziati.
Ad influenzare maggiormente e negativamente lo sviluppo dei figli è anche l’esposizione ad un ambiente altamente conflittuale e violento. Il conflitto perpetuato dei genitori danneggia psicologicamente i figli creando in loro problemi di comportamento. Soprattutto nei bambini il conflitto genera frustrazione, tensione emotiva, paura e dolore, mentre i figli dovrebbero crescere in un ambiente sano, amorevole e non violento. Di qui l’importanza di una Scuola per genitori, dove l’educazione familiare indirizzata a genitori inesperti o troppo giovani, potrebbe essere loro di aiuto e di supporto.
In estrema sintesi, a seconda del comportamento dei genitori il bambino forma l’idea basilare di sé stesso nel mondo e costruisce i modelli interni del Sé e degli altri. Tali modelli sono importantissimi perché rappresentano la mappa interiore attraverso cui il minore si orienterà nelle sue esperienze relazionali future.
3-Oggi si fa molta fatica a relazionarsi! Magari mancano le occasioni per fare nuove conoscenze o amicizie oppure si è molti impegnati col lavoro e non si trova il tempo nemmeno per stare insieme ai propri cari. A volte si ha paura quando uno sconosciuto ci rivolge la parola oppure siamo noi che non osiamo farlo. Capita di entrare in una sala d’attesa o in uno studio medico o su un qualsiasi mezzo di trasporto ed è impressionante notare la serie di teste umane che non dialogano perché tutte concentrate sul proprio dispositivo elettronico, sia esso un tablet, un computer o uno smartphone. La pandemia del Covid-19 ha reso ancor più problematico il sistema di relazioni sopra il quale si regge la società umana facendo avvertire ad ognuno la necessaria connessione con il mondo esterno durante il terribile lockdown. Ma ciò che è più sintomatico oggi è proprio l’evitare volutamente di interagire con gli altri, specie se gli altri sono considerati persone scomode, false e cattive così da nuocere al nostro stato emotivo e mentale. Ragion per cui si tende a chiudersi in famiglia nelle proprie mura domestiche, a frequentare soltanto certi amici oppure a vivere la solitudine come un’esperienza più positiva rispetto alle interazioni con altri individui.
4- Dei rapporti sociali e del complesso sistema di sentimenti, emozioni e passioni che ne derivano, si occupano la psicologia, la sociologia e l’antropologia. A tale riguardo gli studiosi dividono le relazioni interpersonali in due categorie: disfunzionali e funzionali.
Le relazioni disfunzionali sono quelle caratterizzate dal disprezzo reciproco, dalla disistima e dalle critiche distruttive. Alcune relazioni disfunzionali vertono anche sul potere e controllo delle persone e quindi sulla sottomissione e accondiscendenza dell’altro. Ancora le relazioni disfunzionali sono relazioni frivole, prive di significato perché poco profonde, relazioni che non sono state scelte con consapevolezza, né costruite con attenzione. Rientrano in quest’ultima tipologia tutte le relazioni occasionali che non creano forti legami come ad es. i rapporti con il negoziante di turno o con il personale di un ufficio o di un ente erogatore di servizi.
Le relazioni funzionali invece sono relazioni che hanno un preciso requisito: sono costruite con la consapevolezza cognitiva ed emotiva. Nelle relazioni funzionali, infatti, la ragione e il sentimento si integrano perfettamente ed è grazie a questa integrazione che l’individuo si realizza a pieno. In definitiva, soltanto le relazioni funzionali possono influenzare la nostra vita in maniera positiva. Questo perché una relazione funzionale è una relazione sana, caratterizzata da gentilezza, gratitudine, generosità, da una comunicazione non-violenta. In parole povere, la relazione funzionale è una relazione “pacifica” e “vera”, poiché abbiamo la consapevolezza di capire che relazioni viviamo appunto e come le desideriamo. E in una relazione funzionale e pacifica abbiamo non solo la capacità di trasmettere la nostra buona qualità di relazione, ma anche la possibilità di fare tantissime amicizie ed aumentare così il numero di persone con cui rapportarsi positivamente.
5- I vantaggi che offrono le relazioni funzionali, possono così essere sintetizzati:
- Sostegno emotivo
Nei momenti difficili come ad es. perdite di familiari, fallimenti, periodi di stress ect…avere qualcuno che ci supporta e che comprende le nostre emozioni, può farci sentire meno soli, offrendoci comprensione e incoraggiamento. Il sostegno emotivo ci dà la forza e la fiducia necessarie per affrontare le difficoltà della vita, per superarle e per rialzarsi.
- Crescita personale
Relazionandoci con individui che ci conoscono veramente, noi siamo esposti a nuove prospettive, a punti di vista differenti ma che possono stimolarci ad esplorare e
ampliare i nostri orizzonti. In tal modo possiamo sviluppare nuove abilità, acquisire conoscenze, scoprire il nostro pieno potenziale.
- Rafforzamento dell’autostima
Le relazioni sane si basano sulla fiducia e l’affetto reciproco ed hanno un impatto
positivo sull’autostima e la fiducia in noi stessi. I veri amici ci accettano per quello che siamo, con i nostri pregi e difetti. In tal modo ci sentiamo valorizzati ed amati.
- Gioia e felicità
Le relazioni sane portano gioia e felicità nella nostra vita. Questo perché condividere dei momenti di gioia, risate e felicità con le persone a noi care, crea dei ricordi indelebili ed aumenta il nostro benessere emotivo. Possiamo così sperimentare una comunione profonda e autentica con gli altri, una gioia condivisa che può portare a un senso di gratitudine e benessere generale. Diceva L. Tolstoj: “La felicità è vera
solo quando è condivisa.”
- Realizzazione di sogni e obiettivi
Quando abbiamo persone vere al nostro fianco, le quali credono in noi e ci sostengono, ci sentiamo motivati e capaci di perseguire i nostri desideri. I consigli, il supporto pratico e l’incoraggiamento ad affrontare gli ostacoli, possono dare un senso di scopo e di motivazione maggiore nel perseguire i nostri obiettivi e i nostri sogni.
6- L’obiettivo della Scuola di Pace è di imparare a costruire e coltivare relazioni umane “vere”, funzionali e sane che ci permettano di avere quel “supporto sociale” che risulta essere fondamentale al nostro benessere. Per questo occorrono 5 elementi di base: l’accoglienza, l’autenticità, la fiducia, il rispetto e la stima dell’altro.
SECONDO INCONTRO “Scuola di pace”
L’accoglienza
L’accoglienza è l’atto di accogliere una persona. Etimologicamente il verbo “accogliere” deriva dal latino ad-colligere, dove ad indica un moto, un senso di avvicinamento, mentre colligere si compone di co cioè “insieme” e ligere che significa “raccogliere”. Il significato di accogliere è quindi : “raccogliere insieme vicino a sé”. Ed infatti il dizionario Treccani definisce “accogliere” come “ricevere qualcuno in casa propria o ammetterlo nel proprio gruppo, temporaneamente o stabilmente.”
In genere, chi accoglie è un oste, un albergatore, la persona ospitante, ma a ben considerare, esiste un’accoglienza che riguarda noi stessi e la nostra vita, nel momento in cui approcciamo qualcuno o ci relazioniamo. Si tratta di un’accoglienza interiore, legata cioè alla nostra predisposizione d’animo, cioè alla maniera, al sentimento, alle manifestazioni esteriori con cui si accoglie qualcuno. Ragion per cui l’accoglienza può essere diversa: si può accogliere una persona in modo caloroso oppure con freddezza. Ma ciò che conta è di accogliere veramente l’altro, cioè disporsi con un animo del tutto positivo nei confronti di chi si avvicina o viene da me. Altrimenti può succedere che io mi avvicino per accoglierti, ma la mia predisposizione d’animo è in verità negativa, perché non ti permetto di entrare nel mio mondo, non ti accetto e mi oppongo.
E’ come se accogliessimo un ospite indesiderato rassegnandoci alla sua presenza. In tale maniera, noi ci chiudiamo evitando di accogliere veramente l’altro. E chiudersi, rifiutare interiormente l’altro, dà sempre il segno di emozioni negative. Ecco quindi che accogliere significa accettare l’altro. Ma questo ovviamente richiede una certa dose di fiducia, perché se ti includo nella mia vita e mi apro, è perché ti conosco, mi fido di te e so che rispetterai il mio spazio e tutto ciò che mi appartiene. Quindi possiamo dire che l’accettazione dell’altro comporta tre presupposti fondamentali della relazione umana: la conoscenza, la fiducia e il rispetto. Su questi presupposti disserteremo nei prossimi incontri della scuola di pace.
Ma per quale ragione noi non riusciamo con facilità ad accogliere positivamente l’altro? Semplicemente perché usiamo il giudizio e perché manca un ascolto attivo ed empatico nei confronti dell’altro. Il giudizio ha solitamente una connotazione negativa, ma a ben considerare tutti giudichiamo o valutiamo le situazioni della vita e le persone che incontriamo. Ragion per cui il giudicare diventa indispensabile. Ad esempio giudichiamo i pro e i contro di una circostanza e si prendono di conseguenza piccole o grandi decisioni. Giudicare, valutare e decidere è un esercizio che facciamo quotidianamente. Ma riguardo al giudizio di una persona, spesso facciamo male a giudicare ed applichiamo il pregiudizio, cioè un giudizio sbagliato derivante da circostanze oppure perché preso in prestito da altri o dal pensare comune. Ad esempio se guardiamo una donna elegante, fine e gentile, istintivamente ci fidiamo e siamo portati a considerarla una brava e bella persona. Al contrario, se incontriamo un clochard, sporco, vestito di stracci, puzzolente, pensiamo dentro di noi che sia una persona da evitare. La realtà circa il giudizio dato a queste due persone, potrebbe essere ben diversa. Per esprimere il nostro giudizio dobbiamo quindi averne la consapevolezza facendoci guidare dalla realtà dei fatti o non dai luoghi comuni. Molto spesso è il pregiudizio ad essere il maggior ostacolo nelle relazioni umane. Quindi la soluzione è la sospensione del giudizio perché solo in tal modo la persona a noi prossima, si sentirà libera di essere se stessa. Infatti, avere un’opinione negativa su una persona, ha l’effetto di impedirle di crescere e cambiare. Al contrario, se stimi e consideri positivamente l’altro, questi cercherà di essere all’altezza di quella stima. In avanti ritorneremo sul concetto di stima dell’altro e su cosa la stessa stima può generare nelle relazioni tra gli individui.
A volte può capitare che il giudizio su una persona corrisponda al vero, ma anche in tal caso non bisogna intrappolare quella persona nelle convinzioni negative che provengono dalle nostre relazioni . Ammettiamo che questa persona stessa sia scomoda o scostante perché incapace di relazionarsi positivamente con chi le è vicino, noi non possiamo pretendere che cambi a modo nostro e per compiacere noi stessi. Allora è il caso di lasciar perdere cioè di non insistere, lasciare che tale persona resti così come è, con la personalità che la caratterizza. Anche verso questa tipologia di persona dobbiamo sospendere il giudizio.
Riguardo all’ascolto empatico, quest’ultimo può considerarsi come “la competenza fondamentale per migliorare le relazioni e favorire una comunicazione più efficace.”
Oggi è diventato molto difficile ascoltare ed ancor più ascoltarsi. Siamo immersi nei rumori più assordanti, mille cose ci distraggono o ci attraggono e per conseguenza non si parla quasi mai, né ci si ascolta. Quante volte i genitori dicono ai propri figli: “Perché non mi ascolti?” Per non parlare degli insegnanti che a scuola spesso fanno fatica a lavorare perché non vengono seguiti ed ascoltati dagli studenti.
Solo con un ascolto attivo è possibile comprendere realmente un individuo, cogliendo di lui non solo le parole dette, ma anche le emozioni sottostanti. Questo tipo di ascolto diventa utile nei rapporti interpersonali, poiché migliora la qualità delle nostre interazioni creando fiducia e riducendo i conflitti. E’ importante per questo accogliere una persona dentro di noi, poiché tutti vogliamo essere ascoltati e riconoscerci nella nostra giusta dimensione. Di conseguenza dobbiamo sviluppare una buona capacità di ascolto. L’ascolto attivo ed empatico richiede ovviamente un tempo preciso, uno spazio, una disponibilità, un’attenzione particolare. Lo stesso verbo latino “auscultare” significa “sentire con cura e delicatezza l’altro”; insomma è una maniera per esprimere all’altro il nostro affetto e rispetto senza giudizi e manipolazioni.
In sintesi, ascoltare equivale ad accogliere, a fare vuoto dentro di noi, a scoprire l’ignoto che accompagna ogni nostro incontro. In tal modo impariamo a stare e a rapportarci con gli altri, a scoprire una parte di noi e di chi ci sta accanto. Alla fin fine imparare ad ascoltare è un dono che facciamo a noi stessi.
TERZO INCONTRO “Scuola di pace”
L’autenticità
“Quando tu riesci a non aver più un ideale, perché osservando la vita sembra un enorme pupazzata, senza nesso, senza spiegazione mai; quando tu non hai più un sentimento, perché sei riuscito a non stimare, a non curare più gli uomini e le cose, e ti manca perciò l’abitudine, che non trovi, e l’occupazione, che sdegni – quando tu, in una parola, vivrai senza la vita, penserai senza un pensiero, sentirai senza cuore – allora tu non saprai che fare: sarai un viandante senza casa, un uccello senza nido. Io sono così.” ( Luigi Pirandello)
La parola “autenticità” deriva dal greco “authentikos” e vuol dire: verità non adulterata e conforme ai fatti. Applicando tale definizione alla persona, il termine indica un individuo che si esprime ed agisce secondo il suo “vero sé”, in accordo con i propri pensieri, emozioni, bisogni, valori e preferenze. E’ autentico colui o colei che conosce cosa sia importante nella vita e cosa volere, lo comunica apertamente agli altri ed agisce di conseguenza. L’autenticità presuppone dunque la conoscenza di sé, poiché solo quando si sa chi siamo realmente, possiamo mostrare il “vero sé” a chi è vicino a noi.
L’autenticità non esclude la possibilità di assumere “ruoli diversi” nei vari contesti sociali. Le stesse relazioni con il mondo esterno sono svariate e ci inducono ad avere determinati ruoli indotti dalle situazioni che viviamo. Ad esempio sul posto di lavoro bisogna essere professionali; a casa dobbiamo essere responsabili ed affettuosi con i figli; nella comitiva occorre essere socievole per sentirsi accettato dagli amici e a proprio agio. In queste situazioni si può essere comunque autentici restando fedeli a sé stessi, alle proprie convinzioni pur relazionandoci con persone differenti.
Essere autentici nella società odierna è estremamente importante. Se infatti dipendiamo sempre dalle aspettative degli altri e questi vogliono che la pensiamo e ci comportiamo a modo loro, dimentichiamo chi siamo realmente. Per questo ci adattiamo alle persone e siamo soliti indossare una maschera di protezione per poter interagire con loro senza alcuna difficoltà.
Quali sono le difficoltà dell’essere autentici?
a) In genere, le persone autentiche sono quelle che gettano in faccia la verità. La esprimono apertamente e per conseguenza vengono puntualmente rifiutati e messi da parte. Giusto perché si va controcorrente o si contraddice ciò che la maggioranza pensa.
b) La paura di deludere gli altri, di essere giudicati è il più delle volte maggiore del desiderio di mostrare il nostro “vero sé”.
c) Siamo esposti alle influenze esterne ( mode, luoghi comuni ect…) e perdiamo la connessione con le nostre esigenze. Cioè mettiamo in secondo ordine i nostri reali pensieri ed emozioni e così non siamo più autentici. Molto spesso la realtà delle cose viene travisata perché siamo bersagliati da mondi virtuali, fake news, da falsità di ogni tipo provenienti dai media ( giornali e Tv) e anche dai politici e dobbiamo impegnarci a trovare una fonte certa per essere ben informati e rassicurati. A volte non riusciamo a farci un’idea chiara della realtà in cui viviamo. Non dobbiamo allora conformarci per quanto sia forte la pressione dei falsi messaggi che ci giungono da ogni parte.
Cosa bisogna fare per essere autentici nella nostra vita? Anzitutto, occorre conoscere bene sé stessi e per farlo esiste un modo che si chiama autoriflessione. In altre parole si ascolta la propria interiorità e si registrano le proprie emozioni e sentimenti. In tal caso può essere molto utile la scrittura di un diario.
Ascoltare sé stesso, osservare come ci si sente in una determinata situazione oppure nel prendere certe decisioni, porterà ad una maggiore consapevolezza di sé stessi e quindi ad agire di conseguenza secondo i tuoi principi e convinzioni senza farsi influenzare dall’esterno.
In tal modo le persone che sono aperte e amano la tua personalità genuina apprezzeranno il vero te e vedranno la tua opinione come una risorsa, anche se la pensano diversamente. Ma attenzione: nell’esprimere la propria opinione occorre rispettare anche i valori dell’altro. Ci sono modi e modi per essere autentici, ciò non toglie il fatto che devo anche rispettare il pensiero degli altri. Solo la maniera in cui si usa il linguaggio può fare una grande differenza. L’obiettivo è quello di non offendere o ferire nessuno e di evitare conseguenze negative nel modo di relazionarci.
Le domande da porsi per un’efficace autoriflessione sono le seguenti.
1) Perché prendi determinate decisioni in un modo e non in un altro?
2) Quali sono i tuoi punti di forza e di debolezza?
3) Cosa ti rende felice?
4) Con quali persone della tua vita vorresti essere più autentico?
5) Quando discuti ed esprimi la tua opinione con gli altri, è in linea con i tuoi valori?
6) La tua opinione si adatta alle persone che ti stanno intorno?
Una persona autentica è, in sintesi, un individuo che:
1. sa farsi accettare per quello che è e anche per quello che chiaramente dice con onestà; 2.è consapevole delle emozioni che prova e sa comunicarle correttamente all’interlocutore; 3.non è necessariamente spontaneo: la persona spontanea dice tutto ciò che le passa per la mente, senza alcun criterio; 4.in modo consapevole e responsabile, riesce a dire ciò che sente e ciò che pensa, ma al tempo stesso scegliendo ciò che è giusto dire alla persona che ascolta; 5. non giudica e, dunque, non ha o costruisce pregiudizi nei confronti dell’interlocutore; 6.soprattutto, lascia spazio anche all’emozioni dell’altro. Ciò non vuol dire subire le sensazioni degli altri, ossia patirne le conseguenze a livello comunicativo (il dialogo diventa un monologo) o emotivo (mi innervosisco se l’atro è nervoso); 7.è consapevole di se stesso; 8.Non ha paura di dire “no”; 9.parla in prima persona: dire, ad esempio: <>, permetterà all’interlocutore di avere consapevolezza di ciò che la sua comunicazione sta suscitando in lui e, al tempo stresso, di non addossare le colpe all’altro, perché parla in prima persona. Tutto ciò amplierà la possibilità di un canale di comunicazione armonioso, senza alcun conflitto.
IV INCONTRO “Scuola di pace”
La fiducia
Nessun rapporto umano è autentico senza la fiducia. L’essere fedele a qualcuno è la caratteristica della relazione umana libera, matura e responsabile. Un amico si dimostra autentico proprio perché è fedele, altrimenti non è un amico. E’ attraverso la fiducia che possiamo instaurare con l’altro una relazione solida, emotivamente gratificante e soprattutto duratura, una relazione cioè che non si interrompe con il passare del tempo. Costruire un rapporto di fiducia richiede impegno, coerenza e comprensione delle dinamiche interpersonali.
In realtà, esistono diversi modi per guadagnarci la fiducia dell’altro, in particolare:
1) essere affidabile
2) essere onesti
3) dimostrare apertura
4) dimostrare integrità
1) Essere affidabile significa in primis essere coerenti con il dire ed il fare. In altri termini bisogna sempre concretizzare con le azioni quello che diciamo. Alle parole devono seguire i fatti. L’affidabilità viene meno quando noi non manteniamo una promessa o una parola data. Anche se disattendere gli altri potrebbe a volte non costituire un problema, c’è il rischio che la ripetitività delle nostre manchevolezze possa indurre le persone a dubitare della nostra serietà e dunque della nostra fiducia.
Per questo, quando non siamo in grado di mantenere una promessa occorre spiegarne i motivi e dire a quattr’occhi perché si è impossibilitati a fare quanto promesso. Magari si può rimediare mantenendo la promessa fatta in precedenza rinviandola in altra occasione: l’importante è che quanto è stato da te garantito, possa in qualche modo essere soddisfatto; in caso contrario, l’inadempienza potrebbe essere estremamente deludente per gli altri. In genere la persona è affidabile quando è possibile contare sempre su di essa.
2) Essere onesti significa raccontare la verità nuda, anche se a volte questo non è la strategia più giusta per conquistare la fiducia altrui. A volte la bugia può essere detta a fin di bene, ma se siamo in grado di dire la verità anche a nostre spese, dimostreremo che il benessere dell’altro conta più del nostro. Il mentire potrebbe incrinare la fiducia altrui, ecco quindi che è conveniente sconfessare subito la bugia detta e qualora uno dovesse essere scoperto occorre non negare. Quindi la soluzione migliore per essere onesti è parlare con sincerità. Come si parla con sincerità? Ecco tre esempi concreti:
1. Mentre parli, affidati a quell'ancora piuttosto che calcare la mano sulla cattiva notizia che sei costretto a comunicare.
2. Assicurati di offrire la tua disponibilità ad ascoltare. Sarebbe utile formulare frasi come "Mi sembra" o "Credo che", sottolineando che si tratta di una tua impressione sui fatti. In questo modo, ti dimostrerai aperto ad altri punti di vista e riuscirai a preservare la fiducia nella relazione.
3. Occorre esprimere i propri sentimenti quando si parla. A volte i fatti si riportano in maniera fredda e distante. Ma se non si manifesta un minimo di compassione e comprensione, la gente può pensare che uno trae piacere dalla sofferenza altrui.
3) Dimostrare apertura.
Per palesare la nostra apertura non bisogna essere vaghi nella comunicazione, ma fornire all’altro informazioni quanto più possibile. Ad esempio se ci viene chiesto: “Com'è andato il controllo medico?" e si risponde in modo secco “Bene!": questa risposta non mira a costruire alcuna fiducia perché non c'è una reale condivisione di informazioni. Mettiamo invece che la risposta fosse un'altra e si dice: “Sto benissimo!. Sono andato nello studio medico per la visita. Il dottore mi ha rassicurato ect...” Si approfondisce così l'argomento sullo stato di salute. In altri termini, se si vuole guadagnare la fiducia degli altri bisogna dare le info che si desidera sapere o di cui abbiamo bisogno. Se abbiamo dei segreti da rivelare, questi non dovrebbero essere nascosti. Purtuttavia, ognuno ha il diritto di preservare la propria privacy. E rispettare la propria riservatezza significa definire i propri confini nei confronti dell'altro, ma dando a quest'ultimo un senso di sicurezza. Ad es. si potrebbe dire a qualcuno: “Non sono pronto a esternare i miei sentimenti in questo momento, ma ti assicuro che non c’è nulla di cui preoccuparsi” In tal modo noi diamo agli altri la sensazione di essere una persona comprensiva e paziente e non vaga o persino falsa per evitare di dire qualcosa di personale.
4) Dimostrare integrità
Per dimostrare che siamo persone con integrità, occorre osservare delle regole precise.
1. Non bisogna diffondere le confidenze altrui. A volte può capitare che ci lasciamo sfuggire qualcosa di personale detto da altri e non ci pensiamo lucidamente. In tal caso bisogna subito ammettere le proprie responsabilità e chiedere scusa. Nel caso contrario si tradisce la fiducia dell'altro e rivelare informazioni private potrebbe arrecare danni di non poco conto.
2. Praticare la lealtà vuol dire essere capace di proteggere l’altro, anche in sua assenza, stando dalla sua parte. La lealtà si pratica anche quando si antepone l’interesse nei confronti dell’altro. Ad es. sul posto di lavoro si può aiutare un collega in un’ attività pratica ben sapendo che nonostante l’aiuto, non si ricaverà alcun merito professionale.
3. Bisogna gestire le proprie emozioni in modo equilibrato e opportuno. Non bisogna perciò andare su tutte le furie quando qualcuno commette un piccolo errore: il rischio è quello di perdere la fiducia altrui. Se uno dovesse sentirsi turbato, la prima cosa da fare è concentrarsi sulla respirazione e orientare il proprio pensiero sulla respirazione. In tal modo trasmetteremo all’altro calma e distensione.
4. Occorre evitare assolutamente comportamenti aggressivi quali ad es. : umiliare o degradare il partner; isolarsi dagli altri; minacciare le persone o ferirle fisicamente. Se uno si comporta in questi modi, occorre chiedere scusa cercando di non incorrere più in tali errori.
5. Bisogna usare una comunicazione assertiva. Cioè imparare a gestire appunto le proprie emozioni imparando a dire “no” con calma a qualcosa che non si intende fare. In altre parole occorre condividere i propri sentimenti e le proprie opinioni senza sminuire e prevaricare gli altri. Un esempio potrebbe essere quando si ascolta di sera tardi la musica assordante del vicino di casa. Se andassimo a dire al vicino con tono minaccioso: “ Spenga tutto altrimenti chiamo la polizia” si otterrebbe la reazione contraria del vicino. Mentre se si va alla porta con calma si dice: “ Scusi devo andare a dormire perché domani mi alzerò presto per andare a lavoro. Potrebbe gentilmente abbassare il volume dello stereo? In questo modo si mette al corrente il vicino del fastidio che ti sta procurando senza essere offensivo o minaccioso.
V INCONTRO “Scuola di pace”
Il rispetto
Il rispetto è un valore che si manifesta attraverso un atteggiamento adeguato nei confronti di un’altra persona senza manipolazioni, offese o danni. Rispettare l’altro vuol dire averne cura, attenzione e riguardo; vuol dire anche lasciar libero l’altro di pensare, sentire ed esprimere la propria opinione senza influenzare affatto il suo pensiero. Ciò è importante perché il rispetto spesso viene confuso con un atteggiamento di forza e autorità, assolutamente sbagliato.
Il rispetto è indispensabile se si vogliono costruire relazioni sociali sane, cioè le relazioni che costruiamo in ogni ambito: dalla famiglia al lavoro, dalle amicizie alle conoscenze ect… Con un atteggiamento di rispetto verso le persone può nascere facilmente un sentimento di fiducia e stima.
Come si educa al rispetto? Anzitutto va detto che il valore del rispetto rientra nel difficile compito dell’educare, non solo dei genitori, ma anche degli insegnanti che accompagnano i nostri figli nel loro lungo percorso di crescita.
Potremmo dire che per rispettare gli altri occorrono in primis due riconoscimenti essenziali: quello della dignità e quello dei diritti propri dell’uomo.
In parole povere, ogni essere umano ha una sua dignitas (valore) e dei diritti per i quali esistere e dunque il rispetto si dimostra attraverso le parole, le azioni e il comportamento che adottiamo quotidianamente nei confronti di un’altra persona.
Ciò detto, trattare le persone con rispetto significa:
1) usare le buone maniere;
2) essere empatici
3) usare la comunicazione assertiva
4) essere altruisti e solidali
Cosa vuol dire farsi rispettare?
Farsi rispettare è l’obiettivo che tutti desiderano raggiungere, ma contrariamente a quanto si pensa, esso non si ottiene con la forza e la prepotenza, ma semplicemente facendo valere la propria dignità e i propri diritti con i modi adeguati.
Talvolta capita che incontriamo persone prepotenti che vogliono imporre la loro volontà con la forza. In tal caso bisogna essere incisivi e fermi mantenendo un atteggiamento educato sempre e solo utilizzando la comunicazione verbale. L’importante è saper rispondere in maniera idonea controllando le proprie emozioni.
Cosa succede se qualcuno manca di rispetto nei nostri confronti?
Generalmente, quando una persona manca di rispetto, colpisce la nostra dignità e scaturisce in noi una reazione di rabbia. Questo perché noi ci sentiamo violati dei nostri diritti e bisogni che riconosciamo e contestiamo. La mancanza di rispetto è la causa principale di litigio che parte, di solito, da una comunicazione verbale non adeguata, causata dalla rabbia.
La mancanza di rispetto avviene per cause differenti. Quelle principali sono:
- la manipolazione, cioè la manovra per raggirare, imbrogliare
- il sarcasmo, cioè l’ironia amara e pungente mossa da animosità verso qualcuno
- le offese
- gli insulti
- l’ingratitudine
- le minacce verbali
- la violenza fisica
Come comportarsi con una persona che manca di rispetto? Ecco un decalogo:
1. rifletti con attenzione prima di rispondere
2. fai attenzione che l’altro stia ascoltando realmente la tua risposta
3. le tua risposte devono essere dirette ed essenziali, comunicando dei limiti chiari
4. resta fermo sulla tua posizione attraverso la risposta ed evita giustificazioni
5. parla chiaramente e senza nessuna possibilità di travisare le tue parole
6. inizia le frasi con IO e non con TU perché favorisce l’empatia e l’ascolto
7. Non scusarti perché, in situazioni simili tu comunichi debolezza
8. rispondi con delle domande che possano rendere l’altro consapevole del suo atteggiamento irrispettoso.
9. rispondi con sicurezza e fermezza senza restare in silenzio per evitare una discussione
10. rispondere in modo adeguato controllando le proprie emozioni.
Cosa significa quando si dice che il rispetto è reciproco?
Il rispetto è reciproco quando due persone riconoscono entrambe i propri valori e sono consapevoli di agire senza ferire e aggredire l’altro verbalmente e fisicamente nelle varie circostanze.
Il rispetto reciproco è fondamentale in un rapporto di coppia.
L’uno deve garantire la dignità dell’altro. Quindi, essere sinceri, onesti, saper ascoltare, dialogare con modi educati, confrontarsi e crescere insieme senza inganni. Tutto ciò garantisce la crescita di una relazione sana e significa accettare che l’altro sia chi ha scelto di essere senza pretendere che cambi.
Il rispetto nella coppia è fondamentale anche per l’educazione dei figli. I nostri figli crescendo saranno lo specchio di noi genitori, con atteggiamenti e comportamenti simili ai nostri. Quindi dipende da noi genitori guadagnarci il loro rispetto. Dare il buon esempio ai figli è sicuramente il modo migliore per insegnare loro ad essere rispettosi verso i nostri cari e le altre persone.
VI INCONTRO “Scuola di pace”
La stima dell’altro
La stima è un’opinione favorevole e positiva che si ha nei confronti di una persona, quando di essa si apprezzano le qualità e le capacità. Tale opinione può dipendere da diversi fattori come ad es.
l’esperienza personale,
l’osservazione del comportamento e delle azioni,
il modo di parlare e comunicare,
la propria affidabilità.
Essere stimati dagli altri può significare molto: ci sentiamo importanti e meritevoli di fiducia e rispetto. In tal modo valorizziamo la nostra immagine e il nostro essere nelle interazioni quotidiane, il che ci permetterà di stabilire delle relazioni solide specie nella coppia, di sentirsi amati ed accettati. La stima diventa il pilastro con il quale gettare le basi dell’autostima soprattutto a partire dai bambini. La stima infatti genera auto-accettazione affinché, in qualche modo, si possa rafforzare ancora di più l’autostima nelle varie fasi della maturazione umana. Nella piramide dei bisogni di Abraham Maslow, psicologo statunitense, la stima si trova al penultimo posto della gerarchia, poiché è funzionale alla nostra capacità di sentirci competenti, cioè di valere come persona per quello che siamo e facciamo.

A proposito dell’autostima, un aspetto che non possiamo dimenticare è che, in questa percezione auto-valutativa, è incluso anche il modo in cui pensiamo che ci vedano gli altri. Una cosa non può essere separata dall’altra. Siamo esseri sociali e ciò che ci dicono o contestano gli altri influirà su di noi, in un modo o nell’altro
Come stimare l’altro? Anzitutto, la stima può essere dimostrata attraverso la fiducia e il rispetto reciproco, che si manifestano nel modo in cui le persone si trattano l’un l’altra. E’ importante ricordare che la stima non deve però essere necessariamente espressa con parole specifiche o azioni evidenti. Dicendo ad es.: Sei grande! Sei un genio! Sei una bella persona! ed altre frasi formali e di complimento come queste. Spesso, è possibile percepire la stima attraverso segnali non verbali, come un sorriso, uno sguardo o un gesto gentile. In tal senso la sensazione di stima spesso è legata all’empatia o alla connessione emotiva con qualcuno. Cioè quando ci sentiamo compresi, accettati e valorizzati. Questo può riferirsi sia ad un’amicizia, sia ad una relazione sentimentale, sia ad un contesto lavorativo.
Tuttavia, è da rimarcare che la percezione della stima può variare da persona a persona. Alcuni individui possono avere difficoltà a esprimere apertamente i loro sentimenti o a comunicare in modo efficace il loro apprezzamento. Ciò dipenderebbe dalla cultura, dall’educazione o da esperienze passate. Qualcuno infatti potrebbe sentirsi a disagio nel fare un complimento perché in vita sua non è stato abituato a farlo.
Cosa comporta la perdita di stima di una persona? La stima si perde con la delusione o con la disillusione: quando cioè perdiamo la fiducia di una persona, quando quella persona stessa ci tradisce o non è all’altezza delle aspettative riposte nei suoi confronti. Si può perdere la stima anche quando non si vuole investire tempo, energie e risorse nella relazione con una persona. in tal caso si sceglie volutamente di allontanarsi da quella persona arrivando ad una rottura o ad una diminuzione della comunicazione e dell’interazione. Inoltre, si può perdere anche la volontà di condividere le proprie esperienze e sentimenti con una persona perché non ci si sente compresi o al sicuro.
Qual è la soluzione? Per riavere la stima di una persona occorre dimostrare un cambiamento comportamentale e una vera volontà di riparare al danno. Ciò richiede un impegno costante: la stima non può essere ripristinata subito; essa è un sentimento che si costruisce col tempo e con fatica, poiché si basa sull’osservazione continua delle azioni e del carattere di una persona.
La stima è dunque importante ma non possiamo solo dipendere da essa!!
A nessuno piace essere invisibili. Essere una figura che nessuno vede né apprezza, che non viene tenuta in considerazione genera effetti negativi sull’esistenza di una persona.
Questo lo sa benissimo il bambino che siede nelle ultime file della classe, in un angolo del cortile senza nessuno con cui parlare, con cui dilettarsi durante un’infanzia ricca e colorata. Lo sa anche l’adolescente che nessuno apprezza, ma che viene sempre rimproverato e sanzionato. E lo sa molto bene anche la persona che non si sente apprezzata dal proprio partner, che vive nel ripostiglio della solitudine e dello sconforto emotivo più profondi. La stima è un tendine psichico che ci integra nei nostri gruppi di riferimento e che, a sua volta, ci nobilita come persone.
Perché stimare qualcuno significa renderlo visibile. Significa dargli una presenza, permettergli di “essere”, “stare” e creare se stesso in libertà. È apprezzare qualcuno per ciò che è, donandogli un affetto che promuove la crescita personale, ma che, al tempo stesso, non ostacola né invalida..
Sperimentare il rifiuto, l’abbandono o il disprezzo all’interno del nostro gruppo sociale di riferimento accende i nostri campanelli di allarme e di panico. Perché la solitudine non voluta e l’isolamento provocato da vincoli malsani, negativi o trascurati, generano sofferenza. Le persone devono quindi conciliare la stima che loro stesse si somministrano con quella che ricevono dagli altri.
Basare il nostro stile di vita solo sui rinforzi positivi esterni genera dipendenza e malessere. La qualità che attribuiremo a noi stessi influirà a sua volta sul modo in cui gli altri ci valutano. Facciamo qualche esempio. Il lavoratore che crede nelle sue capacità, si sente valido e sicuro di sé, genererà un impatto positivo su posto di lavoro. In media, gli altri riconosceranno i suoi sforzi.
Facciamo un altro esempio. La persona che apprezza se stessa, che si sente realizzata, libera e autonoma, costruisce relazioni affettive molto più solide. Questo temperamento maturo e sicuro suscita anche stima e ammirazione, ma mai una dipendenza reciproca. Non c’è bisogno di rinforzi costanti, né la nostra felicità deve dipendere solo da un rinforzo positivo. Vi è un equilibrio perfetto fra ciò che diamo a noi stessi e ciò che gli altri ci offrono con assoluta sincerità e con l’affetto più autentico.
La stima è la base di qualsiasi società per un motivo molto semplice: favorisce l’inclusione. Rende presente l’invisibile a prescindere dalla sua età, condizione, etnia o carattere. Saper riconoscere è anche saper voler bene con intelligenza, perché chi pratica la stima più salutare è capace di dare valore agli altri per come sono e non per come desidererebbero essere. Impariamo a stimarci l’uno con l’altro, rendiamo visibili e presenti le persone e i bisogni mediante l’affetto, la disponibilità e l’umiltà.


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